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31.1.06

Sementi transgenici e mercati internazionali

Articolo di Ivan Verga
La strategia di commercializzazione degli organismi geneticamente modificati è sull'orlo dell'implosione. La superficie mondiale interessata dall'agricoltura transgenica ha raggiunto i 52 milioni di ettari, con un aumento del 15 per cento rispetto alla scorsa stagione di semina e, tuttavia, permane un fenomeno circoscritto ai territori agrari di Stati uniti [che da soli esprimono il 68 per cento del suolo coltivato a ogm] d'Argentina [22 per cento] e Canada [6 per cento]. A tutt'oggi, l'infinita gamma di specie agrarie geneticamente manipolate nei laboratori non riesce a imporsi nei circuiti di commercializzazione e le superfici coltivate sono pressoché espressione della monocoltura della soia [61 per cento], del mais [12 per cento], del cotone [14 per cento] e della colza [5 per cento]. L'aumento della produzione di materia prima agricola, compressa in un'area tanto circoscritta del pianeta, moltiplica i problemi di commercializzazione di un prodotto che i mercati internazionali non intendono acquistare. Nel disastro economico argentino un ruolo non secondario ha avuto il deprezzamento della soia prodotta in loco, pressoché interamente contaminata dagli ogm. I magazzini sono stipati di soia invenduta, tanto che una delle richieste formulate dal governo argentino al Fondo monetario internazionale è quella di ottenere assistenza per sbloccare l'esportazione della soia di origine transgenica che nessuno vuole. Anche la speranza riposta dai signori del biotech nell'apertura del grande mercato cinese è mestamente naufragata.
La Cina è entrata a far parte della Wto, ma in materia di libero scambio delle materie prime agricole ha posto tali e tanti vincoli all'importazione di sementi ogm da ottenerne l'obbligo di etichettatura. Quanto al Giappone e all'Europa, l'opinione pubblica e la filiera della produzione agro-alimentare non intendono piegarsi e ribadiscono il netto rifiuto di un'agricoltura e un'alimentazione geneticamente modificate. A moltiplicare i fattori di implosione delle strategie delle multinazionali biotech, c'è da registrare anche che, in concomitanza con la più formidabile campagna di lobbing mai realizzata per ottenere dalla Commissione Ue regolamenti più permissivi circa la contaminazione accidentale da ogm nelle sementi naturali e sulla tracciabilità degli ogm, nel vecchio continente è accaduto qualcosa di inimmaginabile sino a due anni fa. Epicentro l'Italia. Dopo anni di continui successi legali nei confronti delle multinazionali biotech [su tutti, la sospensione dal commercio di quattro mais ogm per uso alimentare, autorizzati dall'Ue con una procedura illegittima], per la prima volta un vastissimo fronte sociale ed economico si è posto direttamente in conflitto con la strategia della contaminazione di fatto delle sementi, che è l'ultima e disperata carta tentata dalla lobby del transgenico per determinare livelli di inquinamento irreversibili delle produzioni agricole.