Informazioni sull'import export di sementi e sui volumi di acquisto e vendita online di semi.

31.3.05

Esportazione delle sementi in Africa

La coltivazione di un ettaro di cotone negli Stati Uniti costa 1.100 dollari, contro i 250 dollari di un ettaro in Mali o in Ciad. Eppure gli Usa sono diventati il primo produttore e, soprattutto, il principale esportatore mondiale di cotone. Le sovvenzioni promosse dall'Unione europea attraverso la Pac (Politica agricola comunitaria), e dagli Usa attraverso il Farm Bill, hanno stimolato artificialmente la produzione, causando sovrapproduzione e una vertiginosa caduta del prezzo del cotone sui mercati, ridottosi di due terzi dal 1995. Con grave danno per quei paesi, come il Burkina Faso, per cui il cotone rappresenta la principale coltura d'esportazione. «In Burkina - spiega l'agronomo Riccardo Capocchini, responsabile del Cisv nel paese - i produttori di cotone hanno da sempre ricevuto fertilizzanti e sementi a credito da una società, la Sofitex, originariamente con capitale francese e oggi con capitale statale e privato. I rimborsi avvenivano al momento del raccolto, sulla base del prezzo d'acquisto stabilito dall'impresa cotoniera. A partire dal 1998, i contadini si sono organizzati nell'Unione nazionale dei produttori di cotone burkinabé (Unpcb), acquistando il 30% del capitale della Sofitex e riuscendo a imporre condizioni più eque per i produttori. Ma, come risultato del dumping praticato negli ultimi anni e dell'abbassamento del prezzo di vendita, la Sofitex non riesce più a fornire sementi e fertilizzanti a prezzi agevolati, per cui i produttori non possono più coltivare il cotone. L'unica alternativa è quella di rivolgersi direttamente al mercato, dove i prezzi sono carissimi. L'aumento dei costi di produzione ha poi fatto salire il prezzo finale del cotone africano, ormai meno competitivo rispetto al prezzo mondiale».Ma le pratiche di dumping non arrivano soltanto da Stati Uniti e Unione europea: in Africa, nell'area saheliana, si sta imponendo i sementi provenienti dai paesi asiatici, in particolare dalla Tailandia, a seguito della tanto celebrata "rivoluzione verde". Nei paesi dell'Africa occidentale la produzione di semente locale si era molto sviluppata a partire dalla fine degli anni Settanta, ma oggi il riso tailandese, grazie alle sovvenzioni statali, si sta imponendo grazie a un prezzo inferiore. «Il riso tailandese è preparato in modo diverso da quello locale - racconta ancora Riccardo Capocchini - e siccome i suoi semi non si rompono, all'apparenza sembra più appetibile, facendo sì che i consumatori lo preferiscano».

2.3.05

Ulteriori controlli sulle importazioni ed esportazioni delle sementi

A Torino inizia all'ex fabbrica del Lingotto il Salone del Gusto che quest’anno vedrà una vetrina aperta sul cibo sostenibile con "Terra madre", l'incontro mondiale tra le Comunità del Cibo provenienti da tutti i continenti, che si svolge in parallelo a Palazzo del Lavoro dal 21 al 23 ottobre per definire le strategie comuni in un mercato condotto dalle multinazionali. A Terra Madre saranno presenti 4888 uomini di 1.200 comunità del cibo provenienti da 130 Paesi. “Il diritto di proprietà della terra e delle sementi è un sacrosanto diritto di tutti i coltivatori del mondo. Le multinazionali dei pesticidi e degli organismi geneticamente modificati applicano politiche incompatibili con l’ambiente, stressano la madre terra, umiliano la sovranità alimentare dei popoli e la libertà dei coltivatori” ha dichiarato nel discorso inaugurale Carlo Petrini, fondatore di Slow Food che invita a un alleanza tra produttori e consumatori sia per affrontare il caroeuro. “Bisogna tornare il più possibile a produrre e consumare localmente” precisa Petrini sottolineando come il consumatore finale deve il più possibile diventare co-produttore. “Le associazioni contadine forse potrebbero cominciare a pensarci seriamente a costruire un sistema basato sul localismo”. Come in passato grande spazio verrà dato all'Arca del Gusto, ai Presìdi italiani e internazionali, che ben rappresentano l'impegno di Slow Food per la biodiversità. E da Greenpeace viene reso noto un rapporto stilato dalla Commissione per la cooperazione ambientale del NAFTA che raccomanda che venga ridotto in farina tutto il mais statunitense che entra in Messico per evitare la contaminazione delle sementi e la conseguente dispersione in ambiente. Secondo il rapporto, il Messico dovrebbe anche mantenere la moratoria sul mais transgenico per tutelare la propria biodiversità. Nel 2003 gli Usa hanno esportato in Messico oltre 5,5 milioni di tonnellate di mais, almeno il 30% del quale transgenico. "Visto che il rapporto riconosce i rischi ambientali del mais Ogm, diventa difficilmente sostenibile il ricorso statunitense al Wto contro la moratoria europea sugli Ogm, in vigore dal 1998" afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace. In agosto, il Wto aveva accettato la richiesta europea che una commissione di scienziati venisse consultata prima di una decisione su questa vertenza. "È soprendente che la Commissione Europea non sostenga gli Stati membri che vengono attaccati al Wto e chieda loro di eliminare i bandi nazionali agli Ogm, quando è l'Organizzazione del libero commercio a sostenere la moratoria sulla coltivazione del mais Ogm e a segnalare i rischi dell’importazione di Ogm" sostiene Ferrario. La Commissione ha usato la vertenza al WTO come scusa per imporre l’approvazione di nuovi Ogm in Europa nonostante la preoccupazione di diversi stati membri sulla loro sicurezza.