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18.10.05

Lo studio della UCS sulle sementi

Un nuovo studio della Union of Concerned Scientists (UCS) dimostra che sono bastati meno di dieci anni di agricoltura commerciale per provocare contaminazioni “massicce” da OGM nei raccolti tradizionali negli Stati Uniti. L’interpretazione più prudente dei risultati degli studi (che si basano su due serie di campioni di laboratorio ciascuno di sei varietà tradizionali di mais, soia e colza) mostra materiale geneticamente manipolato in almeno il 50% del mais, il 50% della soia e l’83% della colza. La relazione afferma anche che “non vi sono motivi di pensare che i geni modificati, individuati da questo studio, siano gli unici a passare nelle sementi tradizionali (...). Geni che provengono da varietà transgeniche meno utilizzate, oltre alle centinaia di varietà modificate che sono state testate nei campi negli Stati Uniti, potrebbero contaminare le sementi dei raccolti per l’alimentazione umana e animale.” Le conseguenze per l’ambiente, la sicurezza alimentare e per i lavoratori agricoli e nella trasformazione sono enormi. I semi sono la vita. Certo le cause della fame sono numerose, ma non includono risorse genetiche vegetali inadeguate. Al contrario, la lotta contro la fame esige la difesa concertata della biodiversità e delle varietà in declino di piante selvatiche e coltivate, e delle loro sementi, che sono l’eredità di tutta l’umanità. Tutelare le riserve di sementi contro contaminazioni da OGM è una necessità vitale se si vogliono proteggere le fonti di alimentazione e continuare a progredire verso un’agricoltura socialmente ed ecologicamente sostenibile, per le generazioni attuali e future. L’alternativa ci spingerebbe a tutta velocità verso una monocoltura insostenibile e la dipendenza universale dalle transnazionali della biotecnologia, dai loro diserbanti/pesticidi e dai loro brevetti sugli elementi fondamentali della vita. Anche la Ue sta cedendoLo studio americano arriva in un momento in cui la Monsanto e le altre TNC delle “scienze della vita” stanno opponendosi (attraverso il governo USA) a regole restrittive sull’etichettatura degli OGM all’OMC, stanno forzando la mano ai paesi in via di sviluppo affinché accettino sementi e importazioni OGM (spesso camuffate in aiuti alimentari) e usano risorse finanziarie per distruggere o accattivarsi istituzioni di ricerca agricola di interesse pubblico. Grazie agli accordi TRIPS, uno dei pilastri dell’OMC, la normativa internazionale sui brevetti è in corso di modificazione a favore delle transnazionali per autorizzare brevetti su forme di vita. Il Commissario dell’UE per l’agricoltura, Fischler, si sta adoperando per smantellare quello che rimane della moratoria de facto dell’UE sulle autorizzazioni di piante OGM: una ventina di piante OGM sono in attesa di approvazione dell’UE, altre seguiranno. Malgrado una serie di estesi test sul terreno abbiano dimostrato chiaramente la minaccia degli OGM per le piante e gli animali, il governo del Regno Unito si appresta ad autorizzare la piantagione di mais GM. Le multinazionali stanno impossessandosi sempre più della catena alimentare e del sistema internazionale che rafforza il loro dominio. I perdenti sono la biosfera, gli agricoltori ed i lavoratori.Una portavoce dell’Associazione americana dell’industria di biotecnologia ha dichiarato che “non era sorpresa da questa relazione, sapendo che il polline viaggia e che le sementi di base possono mischiarsi in vari luoghi.” Sa di cosa parla, contrariamente a coloro che propongono di “segregare” i raccolti sui campi e le loro sementi per proteggersi dalla contaminazione genetica. Speriamo che gli altri capiscano il problema e reagiscano in conseguenza. Lo studio dell’UCS e l’enorme quantità di informazioni scientifiche disponibili al pubblico, provenienti da fonti indipendenti dall’industria degli OGM, testimoniano l’impossibilità di difendere le sementi dalla contaminazione degli OGM “isolando” i campi seminati con sementi OGM o applicando una separazione precisa tra sementi OGM e non. La “coesistenza” di sementi e raccolti OGM e non-OGM è impossibile, prima di tutto a causa del modo di propagazione delle piante e poi a causa del modo di stoccaggio, trasporto e commercializzazione delle sementi. Anche il principio che vuole che “chi inquina paga” è di applicazione illusoria, perché non tiene conto dell’equilibrio delle forze che presiedono alla contaminazione da OGM. Monsanto inarrestabile Società come la Monsanto non hanno brevettato stricto sensu le loro piante resistenti ai diserbanti e ai pesticidi, ma l’ADN manipolato, così che trasferimenti genetici (per esempio attraverso l’impollinazione) rendono le piante geneticamente colonizzate suscettibili di accuse di violazione di brevetto. L’ “accumulo di geni”, cioè di certe caratteristiche indotte dagli OGM mediante fertilizzazione incrociata per produrre nuove varietà di piante, in certi casi capaci di resistere a molteplici diserbanti e/o pesticidi, avviene già su vasta scala. In Messico, culla del mais, la contaminazione transgenica di varietà indigene è stata individuata in 33 comunità in nove stati malgrado l’esistenza di una moratoria sulla piantagione di mais GM approvata dal governo messicano. Nei campioni messicani contaminati sono state individuate fino a quattro caratteristiche GM in una singola pianta, inclusa la tossina insetticida geneticamente fabbricata inserita nel mais GM StarLink. Il governo americano aveva negato l’autorizzazione per StarLink per consumo umano e grandi quantità di alimenti trasformati contenenti tracce di StarLink erano stati ritirati dagli scaffali dei supermercati vari anni fa. L’origine probabile della contaminazione è nell’importazione di mais GM dagli Stati Uniti che, grazie alla NAFTA, ha passato il confine a prezzi inferiori al costo di produzione, danneggiando i lavoratori rurali e le loro comunità. La colza GM ha conquistato le praterie degli Stati Uniti e del Canada e si è estesa praticamente fino ai bordi delle strade lungo i campi seminati. La Monsanto, utilizzando suo personale specifico alla ricerca di “prove” di uso illecito di sementi, ha minacciato di denunciare centinaia di agricoltori se rifiutavano di pagare per il privilegio di ospitare gli invasori. La Monsanto è attualmente in causa contro Percy Schmeiser, agricoltore canadese, a cui chiede 1 milione di dollari USA perché ha trovato nei suoi campi materiale genetico brevettato, malgrado il fatto che l’agricoltore non abbia mai piantato la varietà GM della Monsanto, resistente al Roundup. La causa è attualmente all’esame della Corte suprema canadese. Con questo sistema paga chi viene inquinato e non chi inquina. Intimidazioni e avvertimenti sono mezzi utilizzati per assicurarsi che non si conservino più le sementi, ma che siano acquistate presso le multinazionali. La tecnologia OGM commercializzata non può più essere definita una minaccia potenziale o speculativa, perché il dominio delle grandi società attraverso la contaminazione GM si esercita già su vasta scala. Prove che documentano l’estensione di tale contaminazione non sorprendono l’industria, semplicemente perché ha deliberatamente adottato la strategia di liberare gli OGM nell’ambiente su scala estremamente vasta. Sapendo che il trasferimento di materiale genetico non può essere efficacemente delimitato, le multinazionali stanno semplicemente aspettando il momento in cui le “soglie” di tolleranza non avranno più significato, poiché saranno state rapidamente sorpassate.Né la resistenza dei consumatori né le autorizzazioni selettive di piantagioni commerciali di OGM sono sufficienti a prevenire ulteriori contaminazioni: la tolleranza zero è l’unica difesa contro una tecnologia fondamentalmente invasiva.

6.10.05

Linee-guida per l’analisi delle sementi

Secondo i dati pubblicati nel documento del marzo 2004 dal Comitato Interministeriale di Valutazione delle Biotecnologie – Gruppo Tecnico Temporaneo di Lavoro, istituito presso il Ministero della Salute, titolato “La presenza accidentale di organismi transgenici: linee-guida per il campionamento e l’analisi delle sementi e per la gestione delle colture”, si sono coltivate nel 2000, 44,2 milioni di ettari di piante transgeniche (circa una volta e mezzo la superficie dell’Italia). Nel 2001 si è raggiunto i 52,6 milioni di ettari, dislocati in ben 13 paesi (USA, Canada, Messico, Argentina, Uruguay, Spagna, Germania, Romania, Bulgaria, Cina, Indonesia, Sud Africa, Australia), con un incremento del 19% rispetto all’anno precedente. Principali colture transgeniche:
* soia – 33,3 milioni di ettari (46% superficie mondiale di questa coltura)
* mais – 9,8 milioni di ettari (7% superficie mondiale di questa coltura)
* cotone – 6,8 milioni di ettari (20% superficie mondiale di questa coltura)
* colza – 2,7 milioni di ettari (11% superficie mondiale di questa coltura).
La soia e il cotone transgenici sono stati coltivati rispettivamente in Brasile e India, anche se l’autorizzazione alla commercializzazione avverrà solo quest’anno. La tolleranza ai diserbanti totali a base di glifosate o glufosinato ammonio, è il carattere che contraddistingue la maggioranza delle colture transgeniche. Soia, mais, colza o cotone con questa tolleranza sono state coltivate nel 2001 su 40,6 milioni di ettari (il 77% della superficie transgenica totale).
I dati statistici degli ultimi 6 anni, secondo lo studio, indicano una crescita continua delle colture transgeniche sia come superficie coltivata – da 1,7 milioni di ettari nel ’96 a 52,6 nel 2001 – , sia in termini di Paesi coinvolti – da 3 paesi nel ’96 a 15 nel 2001 – e la loro presenza in 5 continenti con una tendenza alla diffusione soprattutto nel Sud del Mondo (+26% rispetto al 2000).
Nell’Unione Europea è stata autorizzata la coltivazione di 10 tipi di piante transgeniche:
* 3 tipi di mais
* 2 tipi di colza
* 1 tipo di radicchio
* 3 varietà di garofano
* 1 varietà di tabacco.
Per altri 3 Ogm – soia RR (Monsanto), mais Bt11 (Novartis) e colza con tolleranza a glufosinato ammonio (AgrEvo) – l’UE ha autorizzato l’importazione e l’uso alimentare ma non la coltivazione. USA e Canada hanno invece autorizzato la coltivazione di oltre 50 tipi di piante transgeniche.
Nell’UE sono state autorizzate nel 2000 circa 387.500 tonn. di mais, soia, colza e cotone, 96.000 delle quali (24,8%) importate da Paesi terzi. Le sementi di mais sono state importate per il 30% circa dagli USA, quelle di soia quasi totalmente dagli USA e Canada. Da USA, Canada e Australia sono stati importati oltre il 50% delle sementi di colza e il 96% delle sementi di cotone. Nel 2001 il 47% delle sementi di mais e il 77% di quelle di soia utilizzate in Italia sono state importate da Paesi comunitari o da Paesi terzi. Principali fornitori sono stati Francia, USA e Canada. Sempre nel 2001 in Italia sono stati destinati alla produzione di sementi 4000 ettari di soia e 4086 ettari di mais (incremento del 54% per la soia e del 12% per il mais rispetto al 2000).