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14.7.05

In commercio varietà non autorizzate di mais transgenico

Una varietà non ancora autorizzata di mais OGM è stata inavvertitamente coltivata negli Stati Uniti dalla Syngenta. La notizia è apparsa sul sito della rivista "Nature". La Syngenta, uno dei principali operatori biotecnologici del pianeta, avrebbe rivelato lo sbaglio all'inizio dell'anno alle autorità americane.
Anche se si ritiene che le colture non autorizzate non abbiano effetti sulla salute umana, l'episodio rivela quanto siano fragili i controlli nel settore e quanto poco le multinazionali riescano a controllare la loro stessa attività.
La coltura in questione è quella del mais nel cui DNA è stato inserito parte del genoma del batterio Bacillus thuringiensis (Bt), che viene usato per agire come pesticida. La Syngenta ha già ottenuto l'autorizzazione alla commercializzazione a scopi non umani di un'altra varietà di sementi di mais transegnico chiamato Bt11, che oltre a essere usato negli USA è stato anche autorizzato alla vendita in Europa e potrebbe anche essere autorizzato alla coltivazione nel vecchio Continente. Ma tra il 2001 e il 2004 dagli stabilimenti della Syngenta non sono usciti semi di mais di varietà Bt11, ma quelli di un'altra varietà, la Bt10 che, al contrario non ha ottenuto alcun tipo di autorizzazione.
Secondo i calcoli in tutto sarebbero state prodotte sementi GM non autorizzate sufficienti per coprire 150 chilometri quadrati di coltivazioni. La Syngenta non ha però voluto fornire nessuna lista dei paesi a cui è stata venduta questa varietà non autorizzata.
Le associazioni ambientaliste sottolineano che il mais Bt10 è diverso dal Bt11, perché contiene un gene marcatore di resistenza all'antibiotico ampicillina. Greenpeace sottolinea che le autorità statunitensi hanno valutato la sicurezza del Bt10 per l'utilizzo umano solo a fine 2004, ovvero quando sono state informate della contaminazione. Per ben 4 anni, i consumatori che hanno mangiato prodotti contenenti mais OGM possono aver ingerito anche mais Bt10, assolutamente non testato ai fini della sicurezza ambientale e alimentare.

5.7.05

Monsanto e Pioneer indagate per frode nel commercio di sementi

Con l'accusa di frode in commercio il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello ha iscritto nel registro degli indagati i rappresentanti legali di Monsanto Italia e di Pioneer Hi-Bred Italia.
E' accaduto a seguito dei controlli che il magistrato ha disposto nei laboratori privati cui si rivolgono le multinazionali per farsi «certificare» la «purezza» dei prodotti sementieri destinati al nostro mercato come tradizionali.
L'esito è stato sorprendente: un «lotto» positivo alle analisi viene riesaminato finché non risulta negativo.
Com'è possibile?
Per il test bastano 3000 semi macinati, è sufficiente cambiarli ad ogni esito che indichi contaminazione di Ogm con le sementi tradizionali.
Prima o poi, all'interno dello stesso lotto, salterà fuori una composizione compatibile con le richieste del mercato di sementi Ogm free.
La dichiarazione è rassicurante.
Peccato che Guariniello sia andato a fondo, fatto sequestrare partite di sementi presso grossisti o consorzi agrari, le abbia fatte analizzare e riscontrato contaminazioni di prodotti che non risultavano dalle «autocertifcazioni».
Nuovo passo, questa volta presso i laboratori, dietro le cui analisi negative si erano nel frattempo riparate le sedi italiane delle multinazionali del biotech. In quei centri si è trovata documentazione di positività riscontrate ai primi controlli.
Dalle dichiarazioni dei responsabili dei laboratori è poi emerso che è la politica delle aziende a disporre la ripetizione dei test su semi diversi degli stessi lotti.
La normativa italiana prevede da alcuni anni che le sementi Ogm free siano commercializzate con «dichiarazioni» delle aziende sulla presenza o meno di organismi geneticamente modificati nelle sementi in vendita.
Il ministero per le Politiche agricole fa sottoporre ad analisi il 20 per cento di quelle di mais e soia prodotte qui o importate per essere vendute sul mercato italiano.
La procedura dei controlli è stata affidata all'Ente nazionale sementi elette (Ense).
I prelievi di campioni devono essere eseguiti tanto in fase di produzione quanto di stoccaggio, a monte delle forniture ai grossisti.
I lotti che risultino contaminati devono essere ritirati dalle aziende. Guariniello si è rivolto al ministero per evidenziare i limiti emersi nei controlli:
1) l'80 per cento delle sementi finisce sul mercato con un'«autocertificazione» perché le analisi per le attestazioni non sono affidate ad organismi indipendenti;
2) sono le aziende a fornire i campioni da esaminare;
3) il meccanismo di ripetizione delle analisi è «inquinante».

La Stampa, 25 maggio 2005