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30.5.06

L’allarme in occasione della giornata mondiale della biodiversità

I buoni sapori italiani? Rischiano di diventare un ricordo. Pomodori San Marzano, farro, zucca mantovana, mele cotogne, ciliegie visciolone, uva spina, manna delle Madonie sono soltanto alcune delle varietà vegetali che stanno gradualmente scomparendo, portando con loro sapori e odori legati a territorio, conoscenze locali e tradizionali.

A lanciare l' allarme sono stati oggi la Cia-Confederazione italiana agricoltori, i Vas (Verdi Ambiente e Società), l' Aiab (Associazione per l' agricoltura biologica) e la Federconsumatori. Le quattro organizzazioni hanno deciso di promuovere per domani, domenica 21 maggio, in occasione della giornata mondiale della biodiversità, la campagna nazionale 'Mangiasano' "
Proprio per questo Cia, Vas, Aiab e Federconsumatori chiedono alle istituzioni europee di "liberarsi dalle maglie degli interessi lobbistici industriali e di adempiere agli impegni assunti nei confronti dei cittadini quando è stata sottoscritta la Convenzione della Biodiversità".

Chiedono, inoltre, al nuovo governo italiano di "difendere con fermezza la nostra agricoltura e la sua ricchezza genetica, mantenendo il divieto di coltivare Ogm e consentendo alle comunità locali il controllo sulle proprie risorse e conoscenze". Per questo è stata presentata una petizione per salvare i semi contadini dalla scomparsa. "Oggi più del 90% delle sementi delle varietà commerciali di ortaggi di molte specie, come pomodori, cetrioli, peperoni, meloni, cocomeri - ha spiegato il presidente di Federconsumatori, Rosario Trefiletti - è infatti costituita da ibridi brevettati e meno del 3% delle varietà ha più di 35 anni.

"Nell' ultimo secolo nel mondo sono scomparsi i tre quarti delle diversità genetiche delle colture agricole - ha affermato il presidente dei Vas, Guido Pollice - e attualmente più di 1.400 sono in pericolo di estinzione".

In Italia, ad esempio, alla fine del 1800 vi erano 8.000 varietà di frutta, mentre oggi si arriva a poco meno di 2.000. Caso emblematico è la mela: all'inizio del '900, in Europa se ne conoscevano 5.000 varieta', mentre adesso non superano le 1.800. In Italia, inoltre, circa l' 80% delle mele prodotte appartiene a solo quattro gruppi di cultivar: due americani (le rosse Red delicious e le gialle Golden delicious), uno australiano (le verdi Granny Smith) e uno neo-zelandese (le bicolori Gala).

"Ci troviamo davanti a una situazione paradossale - ha affermato il vice presidente della Cia, Enzo Pierangioli - l'agrobiodiversità è in pericolo non perché c'é un disinteresse nei suoi confronti, ma perché ce n'é troppo: il 'nuovo oro verde', in competizione o complementare all'onnipresente, ma ormai in crisi 'oro nero', è diventato un 'boccone' ambito dai colossi industriali". Già adesso, è stato sottolineato, undici grandi multinazionali controllano un terzo del valore del mercato sementiero mondiale e le stesse hanno interessi anche nel settore chimico e biotecnologico con un giro d' affari di miliardi di euro.

Chi controlla la biodiversità ha, quindi, il monopolio anche della vendita di pesticidi e Ogm e può influenzare, grazie al suo peso economico e le potenti lobby di cui si serve, le politiche agricole e alimentari, la direzione della ricerca scientifica e lo sviluppo dei paesi del Sud del mondo.

23.5.06

Ogm: la Ue approva il divieto imposto dalla Polonia

La Commissione europea ha approvato un divieto imposto della Polonia alla coltivazione su tutto il territorio nazionale di 16 diverse varietà di sementi di mais geneticamente modificato e di circa 700 di mais non transgenico. E' la prima volta in assoluto, da quando sono state autorizzate le prime piante transgeniche nell'Ue (gennaio 1997), che la Commissione dà il suo via libera a un divieto nazionale di coltivazione di Ogm già approvati a livello comunitario. In tutti gli altri casi, l'Esecutivo Ue ha sempre spinto per un annullamento delle proibizioni nazionali, senza riuscire mai ad avere, tuttavia, l'appoggio della maggioranza qualificata degli Stati membri. Le sementi di mais proibite in Polonia sono inserite nel Catalogo comune Ue delle varietà e delle specie di piante agricole, ciò che le rende commercalizzabili in tutta l'Unione. La Polonia aveva però chiesto alla Commissione di poter imporre un divieto nazionale sul loro uso in agricoltura, applicando l'art.16 della direttiva Cee 53/2002. Quest'articolo prevede che uno Stato membro può vietare l'uso di una varietà elencata nel catalogo comune nel caso in cui sia inidonea alla coltivazione in una qualunque parte del suo territorio. Secondo le autorità di Varsavia, le condizioni climatiche della Polonia non consentono la coltivazione delle varietà di mais in questione, caratterizzate da un lungo ciclo di crescita e di maturazione, che non sarebbe completo al momento del raccolto. La particolarità del caso polacco sta proprio nel fatto che il governo non ha chiesto di proibire la coltivazione del mais Ogm in quanto tale, né per ragioni di tutela sanitaria o ambientale, né per ragioni economiche specifiche alle piante transgeniche (il rischio di contaminazioone delle altre colture). Le motivazioni invocate da Varsavia sono invece puramente agronomiche, e si applicano praticamente a tutte le specie e varietà di mais, indipendemente dal fatto che siano o non siano state geneticamente modificate. Gli esperti degli Stati membri, all'unanimità, avevano già votato a favore del divieto polacco durante una riunione del comitato permenente Ue sulle sementi e gli altri materiali di propagazione vegetale, lo scorso 9 marzo. Con la decisione odierna della Commissione europea, la Polonia può applicare immediatamente il divieto, che potrà restare in vigore a tempo indeterminato.

19.5.06

Vertice di Vienna, un'occasione persa 15/5/06

di Adalberto Belfiore

Le relazioni tra Ue e America latina fanno pochi passi in avanti. Soprattutto dal punto di vista commerciale, dove l'Europa continua a sostenere un libero scambio incompatibile con la politiche della nuova sinistra latinoamericana.
Il vertice tra Unione europea, America latina e Caraibi si è concluso sabato a Vienna con risultati molto modesti, se si prescinde dalle solite dichiarazioni di principio e dall’accordo su temi non economici come la lotta alla droga e al terrorismo. Se l’obbiettivo dichiarato del era la costruzione di relazioni commerciali e politiche più solide, di concreto si registra solo l’inizio di un processo di negoziazione con i piccoli stati centroamericani, in vista di un possibile ma ancora lontano trattato di associazione, e un documento finale che avvalla i preliminari di un possibile accordo commerciale con la Comunità andina (Can). Prospettiva, questa, resa possibile dall’uscita dalla Can del Venezuela di Hugo Chavez in polemica con i trattati bilaterali firmati da Perù e Colombia con gli Stati uniti. E al tempo stesso soggetta all’incertezza sulle decisioni della Bolivia di Evo Morales, che pur avendo sottoscritto il documento, potrebbe anche decidere di seguire i passi dell’amico venezuelano e determinare il definitivo collasso dell’organizzazione andina. Non è molto per un vertice giunto alla sua quarta edizione, dopo quelle di Rio (1999), Madrid (2002) e Guadalajara (2004). Specialmente se si considera anche lo stallo dei negoziati con il Mercosur, il principale blocco economico latinoamericano. Iniziati nel 1999 con l’obbiettivo di arrivare ad un trattato di associazione con l’Unione, i negoziati non hanno registrato nessun progresso neppure a Vienna, anche per le contraddizioni interne allo stesso Mercosur tra i piccoli, Uruguay e Paraguay, e i grandi, Brasile ed Argentina. Contraddizioni che hanno raggiunto l’apice con lo scontro tra Buenos Aires e Montevideo sulla questione delle cartiere costruite da due multinazionali europee, Botnia e Ence, sul fiume Uruguay. Una controversia che i due presidenti Kirchner e Tabaré Vasquez, entrambi di orientamento progressista, non hanno saputo dirimere e che ora l’Argentina ha portato davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia. Il vertice, dunque, ha probabilmente rappresentato più che altro un’occasione perduta. L’Unione europea stanzia fondi consistenti, 500 milioni di euro all’anno, per appoggiare lo sviluppo e i processi di integrazione in Sudamerica, cosa che la potrebbe differenziare in modo decisivo sia dalla politica egemonica di Washington che dalla penetrazione commerciale della Cina. E rafforzare il grande prestigio di cui ancora gode sia per i singoli stati nazionali che come entità soprannazionale. Ufficialmente, le priorità della politica di cooperazione dell’Ue sono proprio “la coesione sociale e l’integrazione regionale”, come ricorda Ramòn Cardeza, direttore della Cooperazione con l’America latina della Commissione Europea. L’Ue potrebbe dunque essere un punto di riferimento insostituibile per i processi, ancora deboli e contraddittori, che vanno verso la costruzione di una possibile unità politica del subcontinente, dal cui rafforzamento, con la maggiore stabilità e sviluppo che comporterebbero, avrebbe molto da guadagnare anche in termini di una più decisa autonomia da Washington. Ma a dispetto delle dichiarazioni di principio sulla pace e lo sviluppo equo e sostenibile per i paesi del Sud, sul piano strategico l’Ue resta all’interno della tradizionale impostazione riferibile alle teorie e alle pratiche del neoliberismo. Molti sostengono, come afferma il politologo tedesco Stephen Schmalz dell’Università di Marburgo, che “la strategia globale dell’Unione europea per l’America latina consiste nel forzare con le varie regioni del continente numerosi accordi di libero commercio favorevoli alle multinazionali europee e questi accordi, ricalcati su quelli del Trattato di libero commercio tra Canada, Usa e Messico (Nafta), impongono agli stati limitazioni a legiferare in materia di tutela ambientale e diritti dei lavoratori”. Il ruolo centrale assegnato dalla Ue alle compagnie transnazionali si è palesato nel Forum economico organizzato a latere dal ministero dell’Economia e dalla Camera di commercio austriaci, dove più di 300 alti funzionari e dirigenti di grandi compagnie, in larga prevalenza europee, hanno discusso le opportunità di sviluppo in America latina e invitato i governi ad avanzare rapidamente sulla via degli accordi di libero scambio. Dimenticando forse che il principale ostacolo su questa via è proprio il rifiuto dell’Europa di fare concessioni sull’accesso ai mercati europei dei prodotti agricoli eindustriali, dei paesi in via di sviluppo. Rifiuto sostanzialmente ribadito durante la sessione di Hong Kong dello scorso dicembre dell’Organizzazione mondiale del commercio. Ed è proprio questa strategia che secondo i rappresentanti delle centinaia di movimenti e organizzazioni riunite a Vienna nel controvertice “Intrecciando alternative 2” vanifica i contenuti sociali e di sviluppo sostenibile della politica europea. Posizione sostenuta con forza da Pedro Stedile del movimento brasiliano dei Sem Terra e membro del Tribunale permanente dei popoli: “I nostri 15 anni di esperienza delle politiche neoliberali del libero mercato ci hanno insegnato che il capitale multinazionale assume a suo vantaggio il controllo delle nostre risorse naturali, acqua terra, alberi e perfino delle nostre sementi”. Durante il controvertice il Tribunale dei popoli, composto da personalità indipendenti sul modello del Tribunale Russel che negli anni ‘70 giudicava in modo informale i crimini di guerra in Vietnam, ha analizzato l’operato di varie multinazionali europee tra cui la Aracruz (cellulosa), la Vion (alimentari), la Suez (acqua ed elettricità), la Andriz AG (cartiere), la Union Fenosa (elettricità), la Bp e la Repsol-Ypf (petrolio e gas) accusandole di gravissimi crimini contro l’ambiente e i diritti dei lavoratori. Al centro dell’attenzione sia del vertice ufficiale che di quello alternativo sono stati senza dubbio i due presidenti “radicali” Hugo Chavez ed Evo Morales, che incarnano in America latina la tendenza ad un maggior controllo statale sull’economia e sulle risorse energetiche, in aperto contrasto con le posizioni di altri stati tra cui il Messico di Vicente Fox, il Perù de presidente uscente Alejandro Toledo e anche il Cile di Micelle Bachelet, che perseguono apertamente la politica dei trattati bilaterali, sostenendo che non sono incompatibili con l’integrazione continentale. Proprio l’impostazione più statalista di Venezuela e Bolivia, e in particolare il tema della nazionalizzazione del gas decretata il primo maggio scorso da Morales, è stata oggetto durante il vertice di critiche ed ammonimenti più o meno espliciti da parte dei leader europei. Tony Blair ha invocato un “uso responsabile delle risorse energetiche”, mentre il cancelliere austriaco Wolfgang Schuessel ha affermato che “l’esperienza dimostra che le società con mercati liberi ottengono migliori risultati”. Affermazioni condivise da Martin Bartenstein, ministro austriaco dell’economia e attuale presidente del Consigli dei ministri dell’economia dell’Ue, che ha indicato come “modello da seguire i trattati di associazione economica, concertazione politica e cooperazione sottoscritti nel 2000 tra Ue e Messico e Cile”. Nulla di più lontano da quanto sostengono Chavez e Morales, che dalla tribuna del controvertice hanno proposto “un modello alternativo di commercio tra i popoli basato su reti di solidarietà che faccia a meno dei prestiti di Stati uniti ed Europa”. In piena sintonia con il documento finale dell’assise alternativa, che respinge la privatizzazione dei servizi e delle risorse naturali a favore delle multinazionali. Lo stesso presidente della Commissione europea Manuel Barroso si è sentito in dovere di accusare di populismo queste posizioni, seppur senza nominare i due presidenti. “Il populismo è una minaccia ai nostri valori” ha detto Barroso “ una semplificazione abusiva di problemi complessi, un appello a sentimenti negativi contrari allo stato di diritto e ai valori democratici”.Può anche essere che Barroso abbia ragione, ma le sue parole forse sono difficili da capire per milioni di latinoamericani che, anche se seduti sopra immense risorse naturali, vivono ancora oggi in condizioni di estrema povertà che la rilevante presenza europea non ha contribuito molto ad alleviare.

Tre centri per lo studio e la conservazione della Biodiversità

Sono tre i Centri per lo Studio e Conservazione della Biodiversità Forestale del Corpo Forestale dello Stato che si occupano della tutela e valorizzazione della biodiversità, in campo e in laboratorio, attraverso programmi specifici. In particolare i Centri di Pieve Santo Stefano (Arezzo) e Peri (Verona), in attività rispettivamente dal 1961 e dal 1974 sono specializzati nella conservazione del genoma forestale e contribuiscono alla salvaguardia di oltre 200 specie arboree ed arbustive presenti nei vari habitat del territorio nazionale, anche ai fini di interventi di recupero ambientale rispettosi dei criteri di salvaguardia della diversità genetica locale. In questi Centri sono attivi inoltre laboratori di analisi della qualità dei semi, micropropagazione e di biologia molecolare abilitati alle certificazioni del materiale forestale di propagazione previste dalla normativa vigente. A livello geografico l'attività del Centro di Peri rivolta principalmente alla conservazione di specie rappresentative degli ambienti dell'Italia centro settentrionale (Ecoregione Alpi), mentre quella di Pieve Santo Stefano assicura la raccolta e conservazione di materiale genetico forestale dell'Italia centro meridionale (Ecoregione Mediterraneo centrale). Le sementi prodotte, ove non vengano subito diffuse, sono destinate alla conservazione per coprire le richieste nelle annate con scarsa fruttificazione. A tal fine gli stabilimenti sono provvisti di 7 celle termoregolate, ove le sementi vengono mantenute vitali per periodi più o meno lunghi (1-10 anni). Lo stabilimento di Peri produce una media annua, riferita all'ultimo quinquennio, di 1.100 Kg di seme di Conifere e 7.000 Kg di seme di Latifoglie mentre Pieve, sempre nello stesso periodo, ha realizzato una media di 4.000 Kg di seme di Conifere e di 19.000 Kg di seme di Latifoglie. Il Centro di Bosco della Fontana (Verona) è specializzato in attività di monitoraggio degli invertebrati e degli organismi saproxilici (demolitori del legno) utilizzati come bioindicatori dei livelli di biodiversità e delle variazioni climatiche. Nel campo della conservazione il Centro effettua il monitoraggio scientifico degli interventi di incremento del «legno morto» negli ecosistemi forestali, ritenuti di grande importanza per mantenere una elevata biodiversità, per favorire la regolare evoluzione degli humus e per consentire un accumulo di carbonio che viene rilasciato molto lentamente nell'atmosfera. La sua operatività è assicurata, oltre che dalla struttura del Corpo Forestale dello Stato, anche da una rete di collaborazioni a livello internazionale con circa 100 tassonomi specialisti nel riconoscimento degli insetti, sviluppatasi grazie al costante rapporto scientifico con Università ed i Musei naturalistici nazionali ed europei.

17.5.06

OGM, primo ok UE ad un divieto nazionale di coltivazione mais

Bruxelles, 8 mag. (Apcom) - La Commissione europea ha approvato, oggi a Bruxelles, a un divieto imposto della Polonia alla coltivazione su tutto il territorio nazionale di 16 diverse varietà di sementi di mais geneticamente modificato e di circa 700 di mais non transgenico. E' la prima volta in assoluto, da quando sono state autorizzate le prime piante transgeniche nell'Ue (gennaio 1997), che la Commissione dà il suo via libera a un divieto nazionale di coltivazione di Ogm già approvati a livello comunitario. In tutti gli altri casi, l'Esecutivo Ue ha sempre spinto per un annullamento delle proibizioni nazionali, senza riuscire mai ad avere, tuttavia, l'appoggio della maggioranza qualificata degli Stati membri. Le sementi di mais proibite in Polonia sono inserite nel Catalogo comune Ue delle varietà e delle specie di piante agricole, ciò che le rende commercalizzabili in tutta l'Unione. La Polonia aveva però chiesto alla Commissione di poter imporre un divieto nazionale sul loro uso in agricoltura, applicando l'art.16 della direttiva Cee 53/2002. Quest'articolo prevede che uno Stato membro può vietare l'uso di una varietà elencata nel catalogo comune nel caso in cui sia inidonea alla coltivazione in una qualunque parte del suo territorio. Secondo le autorità di Varsavia, le condizioni climatiche della Polonia non consentono la coltivazione delle varietà di mais in questione, caratterizzate da un lungo ciclo di crescita e di maturazione, che non sarebbe completo al momento del raccolto. La particolarità del caso polacco sta proprio nel fatto che il governo non ha chiesto di proibire la coltivazione del mais Ogm in quanto tale, né per ragioni di tutela sanitaria o ambientale, né per ragioni economiche specifiche alle piante transgeniche (il rischio di contaminazioone delle altre colture). Le motivazioni invocate da Varsavia sono invece puramente agronomiche, e si applicano praticamente a tutte le specie e varietà di mais, indipendemente dal fatto che siano o non siano state geneticamente modificate. Gli esperti degli Stati membri, all'unanimità, avevano già votato a favore del divieto polacco durante una riunione del comitato permenente Ue sulle sementi e gli altri materiali di propagazione vegetale, lo scorso 9 marzo. Con la decisione odierna della Commissione europea, la Polonia può applicare immediatamente il divieto, che potrà restare in vigore a tempo indeterminato.

11.5.06

Pillole di sementi - LA CLASSIFICAZIONE (2a parte)

Le sementi per le colture erbacee da pieno campo, le sementi per le colture erbacee ortive ed i materiali di propagazione si suddividono in tre categorie, le cui caratteristiche agronomiche e genetiche (purezza specifica e germinabilità; identità e purezza varietale) sono decrescenti:
I categoria: DI BASE ("ELITE") prodotte dal costitutore;
- conservate in purezza varietale;
- ufficialmente controllate e certificate dall'ENSE (Ente Nazionale Sementi Elette);
II categoria: CERTIFICATA
- derivante, in prima o seconda riproduzione, dalla categoria di base;
- ufficialmente controllate e certificate dall'ENSE;
III categoria: COMMERCIALE o STANDARD (ORTIVE)
- diverse dalle altre due, ma con sufficiente identità e purezza varietale.
Per la maggior parte delle specie di un certo interesse economico in Italia (cereali, mais, girasole, soia, foraggere, barbabietole) possono essere commercializzate solo sementi della categoria di base o della categoria certificata (di I o II riproduzione), appartenenti a varietà iscritte nei Registri delle Varietà o nel Catalogo Comune europeo.

10.5.06

Castello di Masino: 15^ Edizione della tre giorni per il giardino

L’appuntamento al Castello di Masino (foto), di proprietà del FAI, a Caravino (TO) per la “Tre giorni per il giardino”, la più importante manifestazione floro-vivaistica nazionale per giardini e terrazzi, si è tenuta i giorni 5, 6 e 7 maggio 2006, alle 10 alle 18. Quest’anno sono stati presenti oltre 125 espositori che hanno presentato il meglio della loro produzione. Molte le categorie presenti: piante annuali, biennali, perenni fiorite, piante decorative per la foglia, alberi e arbusti; piante aromatiche e officinali; piante da frutta e da orto, piante acquatiche e piante grasse, sementi rare; prodotti biologici; attrezzi da giardino; riviste specializzate; arredi, vasi e cesteria, animali da cortile e tanto altro ancora.
Organizzata come sempre dall’ architetto Paolo Pejrone, fondatore e Presidente dell’Accademia Piemontese del Giardino, è giunta alla quindicesima edizione che si festeggerà con una creazione del vivaio Rose Barni di Pistoia, la “Rosa Accademia”, un riconoscimento floreale dedicato all’importante attività botanica svolta dall’Accademia Piemontese del Giardino e dal suo fondatore. La Rosa Accademia è una arbustiva dai fiori doppi, molto profumati di colore rosa Magenta e verrà presentata nel corso della manifestazione con un suo “ritratto” eseguito dalla nota acquerellista francese madame Farvaques. Ospite d’onore della manifestazione è stato l’inglese James Mallet della Mallet Court Nursery, il più importante produttore europeo di querce, aceri e grandi alberi da parco in varietà insolite e rarissime, che è stato a disposizione del pubblico per consulenze e domande. E' stato inoltre allestito un Padiglione FAI per la distribuzione di materiale informativo sulle proprietà FAI e sulle prossime iniziative organizzate dalla Fondazione. In particolare, è stata predisposta un’interessante presentazione del Giardino della Kolumbetra, con pannelli fotografici e descrittivi a cura di Giuseppe Barbera dell’Università di Palermo. Sono state vendute arance e limoni provenienti direttamente dalla Sicilia.

Il Macrfrut di Cesena parla lucano

Le produzioni ortofrutticole di qualità della Basilicata sono state presentate alla 23esima edizione del Macfrut di Cesena - Salone internazionale dell’ortofrutta - tenutosi dal 4 al 6 maggio nel quartiere fieristico di Pievesestina. Alla fiera hanno partecipato varie Op (Organizzazioni di produttori) lucane, organizzate in una collettiva realizzata dal Dipartimento regionale Agricoltura, che hanno esposto prodotti pregiati biologici e di agricoltura integrata destinati al consumo fresco. L’evento oltre ad essere una fondamentale tappa in Italia per il comparto, dal punto di vista espositivo, è un momento di aggiornamento sotto l’aspetto tecnico per i produttori e di discussione per i vari rappresentanti della filiera ortofrutticola. La manifestazione si è tenuta su una superficie di oltre 30mila metri quadrati, con circa 600 espositori suddivisi nei diversi Saloni a partire proprio dal Macfrut dove oltre agli stand era in mostra il quadro completo del settore dagli impianti, alle tecnologie, alle attrezzature, alle linee di lavorazione; il Trans World destinato al trasporto agroalimentare; e l’Agro Bio Frut, Salone delle più moderne tecnologie relative alle produzioni delle sementi e delle produzioni biologiche mediterranee. Nel programma sono stati previsti oltre 200 incontri tesi a promuovere rapporti commerciali tra gli addetti delle imprese espositrici italiane e le delegazioni straniere. Inoltre, il programma prevedeva una serie di appuntamenti tematici, seminari e tavole rotonde sulle strategie commerciali, la ricerca, la rintracciabilità, i miglioramenti qualitativi, la logistica e convegni con i massimi esperti tesi ad inquadrare la situazione ed illustrare i problemi e le prospettive del comparto.

8.5.06

Pillole di sementi - LA DEFINIZIONE (1a parte)

Quando un agricoltore ha scelto una varietà di sementi come la più adatta alle sue esigenze ed alle particolari condizioni di coltura in cui opera, è importante che la semente che utilizza sia di buona qualità, cioè possegga, in maniera elevata, i seguenti requisiti:

- Purezza specifica (quanta parte della massa della semente è costituita da semi della specie indicata)
- Germinabilità (attitudine del seme, posto in adatte condizioni di ambiente, a dare origine ad una pianta di normale costituzione)
- Purezza varietale (quanta parte della massa della semente è costituita da semi della varietà indicata)
- Identità varietale (quante sono le piante ottenute dotate in maniera uniforme ed in massima misura delle caratteristiche di pregio tipiche della varietà).
Per le specie più importanti coltivate in Italia è stato istituito un Registro nazionale delle Varietà, dove vengono iscritte solo le varietà adatte alle condizioni ambientali del nostro Paese e che abbiano dimostrato caratteristiche di pregio in scrupolose prove eseguite in più anni in particolari centri di sperimentazione.