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28.8.06

Pillole di sementi - COME VALUTARE LA SEMENTE (6a parte)

CONSIGLI ALL'AGRICOLTORE PER VALUTARE LA SEMENTE
Per valutare la germinabilità e la purezza della semente l'agricoltore può:
1 - Utilizzare germinatoi piuttosto semplici e rudimentali (sabbia o carta da filtro in un contenitore trasparente chiuso), mantenuti a umidità e temperature costanti per alcuni giorni, e verificare l'attitudine germinativa del seme e la rapidità con cui avviene la nascita delle piantine
2 - Dotarsi di una semplice lente di ingrandimento e di una lampada per:
2.1 - individuare la presenza nella massa di semi e di materiali estranei;
2.2 - osservare la conformazione del seme (semi irregolari o striminziti spesso sono indice di maturazione svoltasi in ambiente avverso, di raccolta troppo anticipata, di cattiva stagionatura);
2.3 - valutare il colore (deve essere caratteristico della specie e della varietà; le tinte verdi o pallide sono proprie dei semi raccolti immaturi; l'arrossamento o l'iscurimento dei semi di leguminose denunciano che il seme è vecchio; la non uniformità nel colore può far sospettare una mescolanza di semi di varia provenienza ed età);
2.4 - controllare la lucentezza (spesso i semi con l'invecchiamento diventano opachi);
2.5 -verificare l'integrità del seme (condizione necessaria perchè esso sia germinabile);
2.6 - valutare il peso ed il volume (se notevoli indicano abbondanza di materiali di riserva nel seme e quindi la possibilità di nutrire più a lungo le piantine nascenti; queste caratteristiche non vanno però sopravvalutate, in quanto anche da semi piccoli si ottengono colture normali).

22.8.06

Sementi di Juta - La nuova sfida del XXI Secolo

Dal settore agro-alimentare a quello dell'abbigliamento e dell’accessorio moda, dagli utilizzi a scopo ambientalistico all'oggettistica e all'arredamento d'interni, la juta si propone come materiale estremamente moderno e versatile, con alcune caratteristiche distintive di fondo: l'ecologicità, la naturalità, il rispetto dell'ambiente. Viviamo un periodo in cui, finalmente, la preoccupazione collettiva per il devastante impatto ambientale che la "società dei consumi" continua ad avere sul pianeta Terra sembrerebbe essere in aumento. Ad accrescere l’apprensione per lo stato di salute del nostro ecosistema è anche il fatto che enormi realtà come Cina e India si stiano rapidamente adeguando alle non-sostenibili abitudini occidentali (spesso oltrepassandole), facendo registrare elevatissimi tassi di inquinamento atmosferico, consumo smodato di petrolio e fonti di energia non rinnovabili, effetto serra e quant’altro. D'altronde è anche vero che delle soluzioni sostenibili esistono, e che pian piano vanno affacciandosi alla finestra dell'opinione pubblica e dei mercati globali. E talvolta queste soluzioni provengono, per contrasto, proprio dalle millenarie culture di quegli stessi paesi del sud-est asiatico il cui impatto ambientale fa spesso scattare il campanello di allarme globale. Una di queste soluzioni sostenibili a cui accennavamo proviene dalle rive del Gange, il grande fiume Sacro dell’India, dalle cui acque vengono quotidianamente raccolte tonnellate di Corchorus, pianta della famiglia delle tigliacee meglio conosciuta come Juta, dal cui fusto si ricava quell’antica fibra i cui filati e tessuti vanno acquisendo nel mondo contemporaneo sempre più importanza proprio grazie alle caratteristiche ecologiche e ambientali che li distinguono. La juta, materiale al 100% riciclabile e biodegradabile, si appresta quindi a popolare sempre di più diversi settori della nostra vita quotidiana e del nostro sistema economico, specie per quanto riguarda i settori agroalimentare e ambientale. La "fibra dorata" ("golden fibre", questo è il nome con cui viene comunemente chiamata) non ha alcun impatto ambientale di nessun genere durante tutto il suo processo di lavorazione e per le sue qualità di robustezza e resistenza si pone come valida alternativa alle inquinanti e non biodegradabili materie e fibre plastiche o sintetiche. Per la sua versatilità la "fibra dorata" trova applicazione nei settori più diversi: Tessile, non tessile, packaging. Mentre riacquistano sempre più importanza i sacchi, di tutte le dimensioni, ad uso agroalimentare, ultimamente la juta sta prendendo sempre più piede nel settore geo-tessile come alternativa naturale a tutte le fibre sintetiche con le quali gareggia in robustezza ed efficacia, mantenendo come punti di forza caratteristiche naturali come la biodegradabilità. I geotessili di juta sono preziosissimi per stabilizzare il terreno in superficie, proteggere e favorire lo sviluppo delle sementi e delle piantagioni nel quadro di operazioni di rinverdimento. Ma il potenziale ecologico della Golden Fibre può esprimersi anche attraverso campagne di sensibilizzazione "di massa" rivolte ai singoli consumatori. Quelli citati sono solo alcuni esempi di come la juta stia affrontando con grande slancio la sfida del nuovo millennio, proponendosi come fibra le cui caratteristiche, provenienti da una storia centenaria, ben si sposano con le esigenze di una società attenta alle problematiche ambientali, una società che, finalmente, speriamo stia prendendo forma.

1° Forum Mondiale - Stare fuori dal WTO

In Europa, ogni tre minuti scompare un'azienda agricola, negli ultimi 40 anni 7 milioni di superficie sono stati sottratti all'attività agricola e il numero degli agricoltori si è dimezzato negli ultimi 25 anni. Allo stesso tempo nell'ultimo cinquantennio si è assistito ad un aumento dei fattori di produzione agricola: gli agricoltori dell'Ue usano più del triplo di concimi inorganici rispetto al 1960 e 320000 tonnellate di pesticidi l'anno, vale a dire circa 2 kg per ettaro coltivato. Assistiamo all'intensificazione e concentrazione della produzione agricola, e gli ulteriori tagli della Politica Agricola Comunitaria, favoriranno un'ulteriore abbandono delle terre cosiddette marginali (collinari e montane che rappresentano l'85% del territorio italiano) verso zone di pianura e verso prodotti a basso valore aggiunto di lavoro, con eccessi di chimica, acqua, per prodotti di scarsa qualità che andranno ad ingrossare le periferie popolari, i discount vicino le sedi di squattrinati universitari, o le mense di lavoratori per un'alimentazione sempre più selettiva.
In Europa i consumi idrici per l'agricoltura sono aumentati in maniera esponenziale, e si aggirano sul 60% totale dei prelievi, in Italia l'acqua usata per l'irrigazione supera i 30 miliardi di metri cubi l'anno.
Le scelte agricole dell'Ue sono sempre più legate ai mercati internazionali, a nuovi fattori dì integralismo monetario come i continui tagli di spesa per la sacra difesa del patto di stabilità. Scelte che sotto dettatura del Wto tendono a privilegiare colture ad alta resa per ettaro fortemente idroesigenti. Le pratiche agricole basate sull'agricoltura iperintensiva impoveriscono il suolo, con tutte le conseguenze che ne derivano: erosione; blocco della naturale ricostituzione delle riserve idriche; perdita di fertilità dei terreni, con ulteriore aumento di fertilizzanti e pesticidi chimici, da cui l'inquinamento delle acque dolci e marine.
La produttività degli ibridi introdotti con la "rivoluzione verde" è avvenuta al prezzo di elevati input energetici esterni e di un notevole consumo di acqua, dell'uso massiccio di macchine a combustibile fossile e di prodotti agrochimici. Tali elementi hanno creato e continuano ad alimentare, da un lato, la dipendenza degli agricoltori dalle multinazionali dell'agrobusiness e, dall'altro gravi problemi per la biodiversità e per la salute generale dei territori e delle popolazioni. La situazione rischia di peggiorare drammaticamente se l'Ue deciderà sotto le pressioni delle multinazionali agroalimentari e, degli Stati Uniti di favorire la commercializzazione di sementi geneticamente modificate fortemente idrovore.
Dai movimenti sociali delle zone più remote del mondo arrivano invece chiare indicazioni sul valore di una diversa pratica agricola, di un'agricoltura fuori dalle regole del Wto (il cibo non è una merce), di un diverso ruolo della ricerca pubblica, l'agricoltura contadina garante della sovranità alimentare, del recupero e della valorizzazione di culture agricole che arricchiscono il terreno, valorizzino l'uso di varietà locali patrimonio di secoli di conoscenze contadine, varietà spesso dotate di resistenze genetiche a parassiti, stress ambientali e poco idroesigenti.
Le sottrazioni delle sementi e dei brevetti dalle mani delle multinazionali, considerandole invece patrimonio dell'umanità (richiesta fatta dai movimenti contadini a Porto Alegre a l'Unesco) possono essere scelte chiave nel ristabilire un rapporto equilibrato con l'ambiente e nel riportare il controllo delle produzioni agricole e della loro qualità nelle mani delle popolazioni, sottraendole alle multinazionali.
Lotte per l'acqua e lotte per la terra possono saldarsi nella riappropriazione, da parte dei cittadini, del diritto a governare il territorio in cui vivono. Occorre che il principio della sovranità alimentare e il diritto alla buona vita si affermino come valori generali nel regolare le relazioni tra paesi e tra popolazioni.
L'agricoltura nella totalità delle sue valenze rispetto al rapporto uomo-natura è un nodo cruciale per arginare la progressiva invasione delle risorse vitali e, al tempo stesso, promuovere nuovi valori. In questa battaglia per il diritto umano innanzitutto alla vita ma anche alla salute intesa come buona vita ciò che si produce sulla terra, e il come lo si produce, assume un'importanza centrale. E un buon uso dell'acqua è un requisito fondamentale perché possa realizzarsi un'"altragricoltura" per un'altra società.

11.8.06

Revocata l'autorizzazione ad un organismo di controllo in USA

Il National Organic Program (NOP) dell'US Department of agriculture ha revocato l'accreditamento dell'American Food Safety Institute International (AFSII). L'organismo, con sede a Chippewa Falls è stata incolpato di sette gravi violazioni della normativa del NOP. In una dichiarazione, il presidente di AFSII, il dott. Karl Kolb ha contestato "i recenti articoli con errori e interpretazioni scorrette sulla nostra partecipazione ad attività che fanno capo al National Organic Program”. Secondo Kolb "una recente verifica dei NOP ha rilevato alcune non conformità nelle nostre procedure per le quali ci sono state richieste azioni correttive che che abbiamo adottato entro il termine di 30 giorni. Abbiamo presentato per iscritto la nostra risposta con l'elenco delle azioni correttive e la nuova documentazione. Non abbiamo più ricevuto riscontro dall'Usda sulla valutazione della nostra risposta". Ha anche giudicato l'accusa di aver certificato impropriamente un produttore che aveva utilizzato sementi non biologiche come una clamorosa falsità. Secondo quanto previsto nell'atto di revoca dell'autorizzazione, ai principali dirigenti dell'AFSII e alle persone coinvolte nell'attività è vietata ogni direzione e partecipazione all'attività di certificazione dei produttori biologici, delle imprese di trasformazione, degli allevatori e dei raccoglitori di frutti spontanei per tre anni. I produttori e le imprese di trasformazione fin qui certificati dall'AFSII (in tutto circa 30 aziende) non possono più utilizzare il marchio dell'AFSII sui loro prodotti nè possono fare riferimento alla certificazione dell'AFSII sui loro documenti commerciali e nella pubblicità. Il NOP consente 30 giorni di tempo per sostituire etichette e materiale promozionale inserendo i riferimenti al nuovo organismo di controllo. Le aziende sono tuttora considerate certificati fino a revoca, sospensione o rinuncia alla certificazione (l'Usda sta comunque esaminando le pratiche di tutte le imprese certificate da AFSII).Lo Usda ha anche ordinato all'organismo di rimborsare a otto aziende ogni spesa necessaria per la ricertificazione presso un altro organismo di controllo. Il motivo principale della revoca dell'autorizzazione sta nell'individuazione di conflitti d'interesse: le norme del NOP vietano a un organismo di certificazione di fornire servizi di consulenza a propri clienti per un periodo di almeno 12 mesi prima della certificazione. L'AFSII era stato accreditato in conformità al NOP il 10 febbraio 2003.

7.8.06

Pillole di sementi - ALCUNE NORME PER IL COMMERCIANTE (5a parte)

- Non è consentito vendere sementi sfuse, ma solo confezionate da ditte munite di licenza e cartellinate conformemente alla norma
- La destinazione di semi per uso zootecnico, detenuti nel locale di vendita, va indicata con un apposito cartello
- Le sementi vanno conservate integre ed in luoghi freschi e asciutti; il venditore può rispondere della mancata rispondenza del prodotto alle indicazioni presenti, se le confezioni sono aperte o mal conservate

La CIA realizza un atlante dei produttori che hanno ridato vita a tradizioni e coltivazioni ormai scomparse

La Confederazione italiana agricoltori (Cia) pensa che gli agricoltori siano gli ultimi paladini della biodiversità, i «custodi dei sapori e dei saperi» e raccoglierà nell’«atlante del seme perduto» tutti i produttori agricoli che «hanno ridato vita a tradizioni, a coltivazioni, ad usi e a culture secolari, conservando semi ormai sconosciuti, allevando animali che rischiano l’estinzione e continuando a preparare e curare produzioni di cui si sta perdendo traccia e che, invece, hanno costituito l’alimentazione delle generazioni passate, arricchendo le tavole e deliziando i palati. Il presidente nazionale della Cia, Giuseppe Politi ha già presentato i contenuti di una proposta al Parlamento per il riconoscimento giuridico di questi agricoltori e per finanziare l’attività di conservazione e di produzione di colture tradizionali e tipiche. «Il nostro obiettivo – ha detto Politi – è quello di valorizzare il sapiente ed oneroso lavoro di tanti agricoltori che da tempo si dedicano alla salvaguardia della biodiversità, alla tutela di una cultura e di una storia che affonda nei secoli. La realizzazione dell’Atlante non è, quindi, solo una sorta di guida o di ‘vademecum’ ai percorsi agricolo-alimentari di un tempo legati al territorio, ma deve anche rappresentare il giusto riconoscimento di chi ha scelto di operare per un´agricoltura ricca e variegata, per la preservazione della biodiversità rurale, per dare valore alla nostra civiltà contadina». La difesa della biodiversità agricola è prioritaria per la Cia. Che spiega come «negli ultimi cento anni nel mondo siano scomparsi i tre quarti delle diversità genetiche delle colture agricole». E attualmente più di 1350 sono in pericolo di estinzione. «Solo in Italia alla fine del diciottesimo secolo vi erano più di 8000 varietà di frutta, mentre oggi si arriva a poco meno di 2000», precisa la Cia. Le mele sono l’esempio più eclatante: «All’inizio del 1900 in Europa se ne conoscevano 5000 varietà. Adesso non superano le 1800. Un dato relativo all’Italia fa comprendere il quadro della situazione: circa l’80 per cento delle mele prodotte appartiene a solo quattro gruppi di cultivar: due americani (le rosse Red delicious e le gialle Golden delicious), uno australiano (le verdi Granny Smith) e uno neo-zelandese (le bicolori Gala)». Non va meglio per le specie di ortaggi: più del 90% delle sementi delle varietà commerciali di pomodori, cetrioli, peperoni, meloni, cocomeri, sono ibridi brevettati e molte delle delle varietà che ha più di 35 anni (il 3% del totale) rischia di scomparire definitivamente.

1.8.06

Sementi di cotone Bt, quanto mi costate?

di Nicola Nosengo
Chi si oppone all'uso degli organismi geneticamente modificati in agricoltura lo fa, quasi sempre, a partire dalle preoccupazioni sui loro possibili effetti sulla salute e l'ambiente. Ma se ora a questi argomenti si aggiungesse anche il dubbio che in realtà le coltivazioni Gm siano più costose di quelle tradizionali, la vita diventerebbe davvero dura per i loro sostenitori. Per questo ha fatto rumore la notizia, arrivata in questi giorni, di una ricerca curata dalla statunitense Cornell University sulle coltivazioni di cotone Gm in Cina; da cui risulta che dopo sette anni di applicazione di queste sementi, gli agricoltori cinesi vedono sostanzialmente erosi i profitti che all'inizio avevano ricavato dal ridotto uso di pesticidi.
La Cina è stato il primo paese a usare estensivamente il cotone Bt, cioè modificato geneticamente per contenere la tossina prodotta dal Bacillus thuringiensis, che uccide il principale parassita della pianta, la larva nota come “bollworm”. Secondo quanto riportato da Per Pinstrup-Andersen della Cornell al meeting annuale della American Agricultural Economics Association a Long Beach, in California, per i primi tre anni i 481 agricoltori coinvolti nella ricerca avevano ridotto l'uso di pesticidi del 70 per cento rispetto alla coltivazione tradizionale, e avevano aumentato i profitti del 36 per cento. Tuttavia, nei quattro anni successivi si sono trovati a dover utilizzare la stessa quantità di pesticidi dei coltivatori tradizionali, fino a guadagnare l'8 per cento in meno di loro visto che le sementi Bt costano il triplo di quelle tradizionali. Il motivo? La scomparsa del bollworm aveva favorito la moltiplicazione di altre specie di parassiti, contro cui nulla può la tossina prodotta dallo stesso cotone. Per controllare questi parassiti secondari sono ora necessarie fino a 20 applicazioni di pesticidi nel corso di una stagione.
Il cotone Bt è stato ampiamente utilizzato nei quattro paesi che sono i maggiori produttori mondiali di cotone (Cina, Stati Uniti, India e Argentina) proprio per le garanzie economiche che sembrava fornire. Oggi rappresenta il 35 per cento delle coltivazioni di cotone nel mondo, ed è ampiamente utilizzato anche in Messico e Sud Africa. In Cina sono ben 5 milioni le aziende agricole che lo utilizzano.
Secondo Domenico Mariotti, responsabile della sede di Roma dell'Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del Cnr, questi dati vanno però inquadrati nel particolare contesto dell'agricoltura cinese. “Prima di tutto, va ricordato che la coltivazione di cotone era praticamente scomparsa dalla Cina, ed è stata reintrodotta grazie al cotone Bt. Inoltre, in Cina le coltivazioni transgeniche sono state usate con un approccio troppo aggressivo e 'sfacciato', senza alcuna precauzione. Ci sono alcuni piccoli accorgimenti, usati per esempio dagli agricoltori negli Stati Uniti, che avrebbero permesso di prevenire questo problema. Per esempio creare delle zone di cotone tradizionale lungo il bordo dei campi coltivati con cotone Bt. In questo modo si mantiene una piccola popolazione di bollworm che continua a competere con altri parassiti mantenendo basso il loro numero. E si evita che lo stesso bollworm sviluppi resistenza alla tossina del Bt”.
Le valutazioni di Mariotti coincidono con quelle degli stessi responsabili dello studio, che invitano ricercatori e agricoltori a mettersi in cerca di soluzioni perché l'uso di cotone Bt non si tramuti in realtà in un uso ancora maggiore di pesticidi rispetto all'agricoltura tradizionale. Dall'introduzione di predatori naturali per tenere sotto controllo gli agenti infestanti, alla previsione obbligatoria di quelle aree rifugio coltivate con varietà non Ogm; fino a sviluppare ulteriori varietà della pianta in grado di tenere lontani anche gli altri predatori. “Che si sia contro o a favore degli Ogm, bisogna accettare il fatto che l'agricoltura è una costante lotta contro i parassiti delle piante" conclude il ricercatore del Cnr. "Più una pianta è resa produttiva, in particolare il cotone che è una pianta molto delicata, più la si priva delle sue difese naturali contro i parassiti, e questo vale anche per la selezione tradizionale fatta con gli incroci”.