Informazioni sull'import export di sementi e sui volumi di acquisto e vendita online di semi.

17.3.06

Possibile un rilancio per la nostra fragolicoltura

Gli investimenti nel 2005 continuano a calare (–6% rispetto all’anno precedente) e per la prima volta nel 2004 il saldo della bilancia import-export delle sementi di fragola è risultato negativo. Dal confronto con i Paesi nostri concorrenti, però, emergono risultati abbastanza positivi, nonostante la difficoltà di reperire manodopera per la raccolta e gli elevati costi d’impianto. Questi possono essere bilanciati dalle elevate rese, grazie alla specializzazione della tecnica colturale dei produttori italiani. Inoltre, i consumi sono in crescita e il mercato apprezza sempre più il prodotto nazionale rispetto a quello importato. Lo sforzo deve ora essere concentrato per elevare ulteriormente lo standard qualitativo delle sementi, puntando su cultivazioni sempre più attraenti e gustose e su agrotecniche in grado di esaltarne le potenzialità delle sementi.

14.3.06

Vendita sementi da orto, da giardino, forestali ed officinali

La moltiplicazione
L’attività di moltiplicazione delle sementi da orto ha visto nel 2005 un’annata positiva. Dopo due annate, il 2003 ed il 2004, decisamente non favorevoli causa le avverse condizioni climatiche, nel 2005 le rese per ettaro in effetti sono state buone, in linea con le medie storiche, ridando fiducia al settore e consentendo sia alle aziende sementiere, che agli agricoltori-moltiplicatori, di ottenere redditi soddisfacenti. La superficie totale coltivata per produrre seme nel 2005 si è aggirata sui 10.150 Ha (indagine AIS), con una riduzione di circa il 10% rispetto alla precedente rilevazione (nel 2002 gli ettari risultarono infatti circa 11.100), dovuta essenzialmente alla perdita di competitività per la consistente rivalutazione dell'euro nei confronti del dollaro Usa (in tre anni, circa il 35%), nonché ad una minore disponibilità degli agricoltori verso tali produzioni, visti i modesti risultati ottenuti con alcune riproduzioni nel corso del 2003. Il mercato ‘spot’ – intendendo come tale le vendite di sementi ortive prodotte dalle aziende moltiplicatrici in maniera autonoma, al di fuori di precisi contratti di moltiplicazione – è risultato in aumento, con maggiori quantitativi di seme collocati sul mercato. Tale aumento non è stato però sostenuto esclusivamente da produzioni interne, ma si è avvalso anche di un sensibile aumento delle importazioni di sementi, cui le aziende sementiere italiane ricorrono sempre più spinte dalla necessità di presentare un’offerta più varia, di essere più competitive sul prezzo e di diversificare il rischio. In conclusione, si può affermare che i volumi di vendita complessivi dei due suddetti segmenti - moltiplicazione su contratto e ‘spot’ - sono risultati leggermente in aumento, pur con variazioni differenti all'interno di ciascuno di essi. Inoltre, che nelle produzioni specializzate ad alto valore aggiunto, quali cavoli ibridi, cipolle e porri, il notevole know-how delle nostre aziende consente ancora all’industria sementiera italiana di mantenere una posizione di leadership sul mercato, mentre sempre più forte si sta facendo la competizione estera nelle produzioni di massa. Con le recenti semine autunnali anche il settore orticolo ha dovuto confrontarsi con la riforma di medio termine della Politica Agricola Comunitaria (PAC). Dopo un periodo di forte incertezza, che ha creato non pochi problemi alle aziende che cercavano di definire nuovi programmi colturali con gli agricoltori, il chiarimento ufficiale per cui sui terreni a premio unico è possibile realizzare colture sementiere orticole ha sbloccato la situazione. La possibilità di potere cumulare il premio unico aziendale con la buona remunerazione delle colture orticole sementiere, ha reso queste ultime particolarmente appetibili nelle aree più vocate e specializzate. Registriamo in questo momento un sensibile aumento nella disponibilità verso le colture portaseme. Non essendo tuttavia prevedibile un analogo aumento della domanda da parte del mercato, è possibile intravvedere possibili perturbazioni sui prezzi a partire dal raccolto 2006. Sempre in materia di moltiplicazione, nel corso del 2005 ha finalmente preso corpo il progetto promosso dalla Regione Emilia-Romagna – nell’ambito della realizzazione del piano sementiero interregionale - per la mappatura del territorio e per la gestione informatica degli isolamenti delle colture allogame, disciplinati dalla legge regionale n. 2/98. Tutte le aziende coinvolte hanno dimostrato forte interesse e chiesto di partecipare: pensiamo che nella seconda parte del 2005 si possa finalmente passare alla sperimentazione in campo. L’introduzione dell'informatica in campagna, per facilitare la collocazione delle coltivazioni ed evitare eventuali vicinanze ed inquinamenti, dovrebbe agevolare il lavoro dei tecnici, a vantaggio della qualità delle produzioni sementiere. Infine nell’agosto 2004 è stato sottoscritto di fronte alla Regione Emilia-Romagna, con il Comitato delle associazioni produttori, un nuovo accordo di moltiplicazione per il settore orticolo, che aggiorna quello risalente all’ormai lontano 1985. Analogamente, si è proceduto per quello bieticolo. L’accordo, che mira a valorizzare la qualità delle produzioni sementiere orticole attraverso una maggiore e più qualificante collaborazione tra le figure interessate (aziende sementiere ed agricoltori-moltiplicatori), ha già portato ad attivare un tavolo di lavoro comune.
Il mercato delle sementi professionali
Il mercato dell’ortaggio fresco ha vissuto nel 2005 un anno difficilissimo, con ovvie conseguenze negative anche sui risultati economici delle aziende sementiere del segmento professionale. Ad una partenza tutto sommato positiva, hanno infatti ben presto fatto seguito problemi di sovraproduzione favoriti dal buon andamento stagionale, in Italia così come nel resto d’Europa. Nel contempo, mentre la stagnazione economica che stiamo attraversando ha portato le famiglie italiane a diminuire i consumi di ortaggi, i mercati e la GDO in testa hanno potuto beneficiare di produzioni abbondanti e di qualità, delle più diverse provenienze (Spagna, Nord Europa, Nord Africa, Paesi dell’Est). La domanda contratta e l’offerta abbondante hanno determinato il più grave crollo dei prezzi degli ortaggi freschi all’origine che si sia mai registrato, messo drammaticamente in evidenza da prezzi al consumo superiori di 10-20 volte a quelli pagati al produttore. La mancanza di liquidità da parte di agricoltori e vivaisti ha portato alcuni di essi ad abbandonare l’attività (con buona pace dei crediti delle aziende sementiere), oppure a cercare soluzioni alternative, nel tentativo di contenere i costi di produzione. Alle sementi originali, di qualità, si è giunti a preferire quelle riprodotte, facendo balzare nel nostro Paese tale attività non autorizzata a punte mai viste. Si è persino fatto ricorso alla riproduzione vegetativa non autorizzata degli ibridi maggiormente diffusi, con evidenti ripercussioni negative per l’intero settore. L’AIS si è impegnata per cercare di limitare gli effetti negativi di tali azioni, cercando di attivare collaborazioni con i vivaisti (COVI) e di sensibilizzare anche la GDO; la strada da percorrere è però ancora lunga ed impegnativa. Per quanto riguarda il mercato, i prodotti maggiormente penalizzati dalle quotazioni sono risultati gli ortaggi facilmente conservabili e trasportabili quali cipolle, zucche, carote, pomodori, peperoni, angurie e meloni. Il fenomeno delle riproduzioni non autorizzate ha avuto invece ripercussioni negative sulle sementi di lattuga-indivia e di finocchio, al punto che alcune ditte estere costitutrici hanno sospeso l’introduzione e la diffusione in Italia delle loro novità, con ovvie conseguenze per la qualità e competitività delle produzioni orticole nazionali. Dal punto di vista normativo, il settore attende impaziente l’attuazione da parte del nostro Ministero della decisione 2004/842/CE del 1° dicembre scorso, in merito alla commercializzazione di sementi di varietà in corso di iscrizione. Tale provvedimento, oltre a ridare interesse al Registro italiano e permettere di presentare con immediatezza le nuove varietà ai produttori, dovrebbe eliminare quelle sperequazioni createsi nel tempo tra i diversi paesi della Comunità.
Il segmento hobbistico
Il segmento hobbistico è stato indubbiamente condizionato dall’andamento stagionale non certo favorevole che ha visto inizialmente la siccità, e successivamente le pioggie persistenti, condizionare le vendite nei periodi cruciali dell’anno. Nel corso del 2005 non si sono verificate variazioni rilevanti per quanto riguarda i quantitativi di sementi vendute. Resta confermata la tendenza ad una lenta ma costante riduzione del segmento a favore della cessione diretta di piantine, sempre più preferite dall’utilizzatore finale. La riduzione generale dei consumi non ha certo risparmiato il segmento hobbistico e soltanto le aziende più attente e meglio strutturate sono state capaci di promuovere iniziative per difendere le proprie quote di mercato, operando soprattutto una decisa riduzione dei costi. In forte difficoltà invece le strutture aziendali di minori dimensioni, meno dinamiche e con un’offerta commerciale più limitata, contrastate da una concorrenza estera molto agguerrita.
Alcuni aspetti di attualità del 2005
Ricordiamo che nell’ottobre 2005 è stata pubblicata sulla Gazzetta europea la domanda di registrazione della denominazione di origine protetta (DOP) per il basilico genovese, come prodotto fresco. Trascorsi sei mesi per eventuali osservazioni, la Comunità potrebbe approvare e registrare ufficialmente tale denominazione protetta, dopodichè non sarà più possibile utilizzare sull’intero territorio comunitario (in Italia tale possibilità di fatto è già negata dal provvedimento di protezione temporanea riconosciuta dal MIPAF nel 2001!) la denominazione ‘Genovese’ nella vendita delle sementi di tale specie. Dato l’interesse per tale prodotto e la sua larga diffusione, è auspicabile che in ambito AIS si possa giungere ad individuare una denominazione alternativa per tale materiale ed evitare possibili confusioni sul mercato. Altro nuovo tema emerso nel corso del 2005 è la decisione comunitaria di limitare alle sementi certificate, escludendo quindi le standard, i benefici erogati per i programmi di miglioramento qualitativo delle produzioni orticole, tramite l’acquisto di sementi di qualità. Poiché non c’è e non è pensabile si possa facilmente programmare una produzione certificata di tali sementi, il problema è stato sollevato in ambito ESA, così come nelle competenti sedi regionali e ministeriali.

8.3.06

Cereali: senza intese di filiera i sementi made in Italy non si salvano

È ancora prematuro stilare un bilancio in termini produttivi della campagna in corso, per poter verificare gli effetti del primo anno di applicazione della riforma della politica agricola comune; tuttavia sulla base dei dati relativi alle semine e della comparazione con le domande di aiuto possiamo elaborare le prime ipotesi degli orientamenti colturali aziendali funzionali alle strategie commerciali. Durante la scorsa campagna nel comparto del grano duro, dove la produzione è stata abbondante, si sono innescate le maggiori tensioni nella definizione dei prezzi, alimentate anche dalle massicce importazioni, favorite dal gap euro/dollaro, che hanno comportato una rivisitazione delle strategie produttive aziendali, avviando programmi di diversificazione produttiva più compatibili con le dinamiche mercantili e di qualità. In questo senso, le superfici sottratte al grano duro (precedentemente ingessate dalla corresponsione dell’aiuto) rese disponibili per altre programmazioni colturali costituiscono oggi un valore aggiunto all’impresa agricola e consentono maggiore flessibilità di mercato in termini di contrattazioni. Certo, una volta acquisite le effettive produzioni e verificati i relativi standard qualitativi, potremo avviare programmi di miglioramento delle tecniche agronomiche diversificate per coltura e area geografica. In ogni caso, anche in questa campagna sconteremo in parte le logiche fondate sulla precedente pac, che hanno progressivamente allontanato il confronto tra produzione e mercato, dove gli interlocutori acquirenti contavano comunque su un quantitativo di prodotto nazionale certo, al di là delle caratteristiche qualitative, da miscelare con altri prodotti di provenienza estera. Questo rapporto ha finito per falsare l’intero sistema mercantile, tant’è che nelle ultime campagne le quotazioni si sono avvicinate al prezzo d’intervento pubblico. Inoltre, nella determinazione delle quotazioni spesso non interviene una contrattazione che tenga conto della domanda-offerta, delle caratteristiche legate ai parametri qualitativi, dei servizi, della logistica, ma è frutto di consultazioni all’interno di commissioni camerali di commercio che esercitano una funzione ormai datata.
Nuove logiche di filiera
Tutto ciò va ricondotto all’interno di logiche diverse dove nell’ambito della filiera vengano riconosciuti ruolo e pari dignità a tutti i soggetti che concorrono a determinarne l’economia e la competitività su scala internazionale. In questo senso Coldiretti ha già avviato rapporti con talune industrie acquirenti per tracciare insieme una sorta di disciplinare produttivo che dia orientamenti sul territorio in termini di tipologia delle sementi le cui varietà siano più rispondenti alle diversità territoriali. In questa fase abbiamo acquisito indicazioni e parametri dalle imprese molitorie circa la tipologia di semole e farine a seconda della loro utilizzazione, per poter individuare i grani idonei a soddisfare le caratteristiche richieste da tale mercato, che fino a oggi ha trovato approvvigionamento, in maniera preponderante, nelle produzioni estere.
A partire da questa campagna, attraverso l’analisi di alcuni campioni individuati a livello territoriale, forniti dalle imprese che hanno sposato l’iniziativa, vorremmo avviare una sorta di programmazione produttiva finalizzata, attraverso intese di filiera, a stabilire specifiche varietà e tecniche agronomiche compatibili, in un contesto che dia certezza in termini di collocazione e remunerazione del prodotto. La nuova pac ci consente di ipotizzare percorsi diversi rispetto al passato, finalizzati alla valorizzazione delle produzioni «made in Italy» e alla modernizzazione dell’impresa agricola nel governo dei processi produttivi e di mercato. Coldiretti ritiene che l’attuale patrimonio sementiero costituisca una base di partenza per poter concretizzare una seria politica di filiera a tutela dell’origine delle produzioni, della qualità ecc.; tuttavia, a nostro avviso, è indispensabile definire e attivare una politica sementiera nazionale per razionalizzare le risorse e coordinare l’attività di ricerca, selezione e tracciabilità delle sementi con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dall’estero a garanzia della catena alimentare contro le produzioni ogm. Occorre tutelare altresì le produzioni biologiche, che rappresentano una crescita economica per quelle imprese agricole che hanno investito e saputo coniugare prodotto e armonizzazione ambientale, rispondono agli interessi della collettività e operano compatibilmente con gli orientamenti comunitari in materia di agroambiente.
Un confronto costruttivo
Per rilanciare prospettive concrete nel settore occorre avviare un confronto costruttivo tra produttori, sementieri e industria acquirente, concertando politiche di filiera nazionali finalizzate alla qualità, che comunque dovrà trovare giusta remunerazione in un contesto di maggiore distinzione e valorizzazione da parte del mercato. In questo senso, dobbiamo creare un sistema di garanzia della qualità dal seme al prodotto finale, credibile e in linea con quanto richiesto dal consumatore, che costituisce il volano finanziario determinante per l’economia dell’intera filiera. Potremo ottenere un aiuto armonizzando seriamente tutte le misure che la nuova pac ci mette a disposizione, dalla condizionalità all’articolo 69, alla nuova programmazione regionale dei Psr. La finalizzazione delle nuove misure della pac e una maggiore trasparenza nella formazione dei prezzi saranno determinanti al fine di consolidare le aree di produzione, sviluppare le filiere e valorizzare le produzioni «made in Italy».

3.3.06

Agribosco: biologia e sementi

Dalle valli dell’Eugubino l’esperienza di un consorzio di produttori capace di espandersi in mezza Italia con una ricetta accattivante, che unisce agricoltura biologica, cura del territorio, certificazione dell’intera filiera e rapporto con i consumatori improntato alla massima chiarezza. L’esperienza di AGRIBOSCO si è tradotta in un ampio catalogo di prodotti disponibili nei negozi specializzati e ordinabili anche via internet, con una particolarità unica: la riscoperta e la valorizzazione delle antiche sementi italiane.
C’era una volta il grano. Poi, nel 1944, la Rockfeller Foundation iniziò a sperimentare in Messico quella che nel giro di pochi anni il mondo avrebbe conosciuto come “Rivoluzione verde”. Potrebbe iniziare così la storia del come l’uomo sia riuscito, nel giro di mezzo secolo, a moltiplicare la produttività dei raccolti a forza di iniezioni massicce di fertilizzanti chimici, macchinari pesanti, pesticidi, erbicidi e ibridi, le nuove razze frutto di complicate riproduzioni incrociate per raggiungere in una singola varietà la combinazione di tutte le caratteristiche desiderate. I suoi più convinti fautori attribuiscono alla Rivoluzione Verde il merito di aver salvato dalla fame intere nazioni. I critici, però, ricordano anche altri effetti collaterali: l’inquinamento, il degrado del suolo, lo strapotere delle multinazionali proprietarie delle sementi, l’uso sempre più intenso di energia e la drastica scomparsa di quella biodiversità che per millenni aveva reso il grano di una regione diverso da quello delle altre. Eppure non tutto è stato cancellato, da una strage di cui quasi nessuno parla ma che fa invidia a quella delle specie animali in via d’estinzione. Storie locali ancora resistono tenacemente, a volte grazie all’intelligenza di agricoltori capaci di percorrere strade alternative a quella della grande “rivoluzione”. Qualche anno fa nelle valli dell’Eugubino, nel cuore dell’Umbria, alcuni agricoltori “controcorrente” si sono imbattuti in due popolazioni di Farro Triticum Dicoccum mai modificate né incrociate dall’uomo. È iniziata così la storia della AGRIBOSCO e del suo progetto “Sementi antiche”, che ha permesso di individuare qualcosa come seicento diverse varietà che sono state poi attentamente studiate per scegliere quelle che meglio si sarebbero prestate a un progetto di semina in campi sperimentali. Oggi, riportate e conservate in purezza, una ventina di quelle varietà rappresentano il tesoro più prezioso della AGRIBOSCO, il Consorzio agrobiologico che ha saputo trasformare i grani antichi da reperto archeologico in risorsa per il territorio e grande strumento di tutela della salute.“Non è un caso – spiega Marzio Presciutti Cinti, direttore generale della AGRIBOSCO, che proprio a partire dagli anni Cinquanta il mondo occidentale abbia conosciuto un aumento vertiginoso della celiachia e di molte altre intolleranze alimentari. Certamente questo è un indice del deterioramento dell’ambiente in cui viviamo, tuttavia sarebbe riduttivo non considerare anche ad altre cause. Sono in molti infatti a pensare che questi problemi alimentari sono anche il risultato diretto delle modifiche introdotte nel grano per aumentare la produttività delle coltivazioni e migliorare il rendimento delle materie prime nei moderni processi di trasformazione. Portando un esempio concreto, basti pensare che nei grani duri moderni l’indice glutinico – che per dirla in modo semplice è un valore che permette di valutare la tenacità degli impasti di farina – assume sempre valori che partono 50 per arrivare anche a 120. Ebbene, nel Farro Triticum Dicoccum l’indice di glutine difficilmente supera il valore di 12. Questa differenza ha aperto il fianco a numerosi studi in materia di nutrizione che stiamo conducendo in collaborazione con due importanti centri di ricerca di livello nazionale, i quali anche se non ancora conclusi già evidenziano che certe varietà di Farro Triticum Dicoccum posseggono delle interessantissime prospettive”. Forse potrebbe bastare questo a giustificare l’importanza di un progetto scientifico, ma significherebbe trascurare il suo primo risultato pratico: incentivare la sopravvivenza delle aziende agricole in territori marginali e difficili, come le valli dell’Eugubino Gualdese da cui il Consorzio Agribosco è partito per poi estendersi al resto dell’Umbria e pian piano a Lazio, Toscana, Marche, Lombardia e Piemonte. Oggi producono farro, orzo, legumi (fagioli, lenticchie, ceci, cicerchia), mieli, confetture, composte, condimenti mediterranei, con una ricca serie di proposte consultabili e ordinabili dal sito internet del Consorzio, che oggi aggrega una settantina di aziende partecipi di un unico progetto imperniato su poche ma chiare parole d’ordine: agricoltura biologica, cura del territorio, certificazione dell’intera filiera e rapporto con i consumatori improntato alla massima chiarezza. Ben al di là di quel che la legge obbliga a fare. “Chi compra i nostri cereali e legumi secchi, le nostre farine, i legumi pronti in brodo vegetale, oppure i nostri ottimi piatti pronti a base di farro, non trova codici astrusi in etichetta ma una carta d’identità semplice e diretta. C’è scritto chi ha coltivato il prodotto, dove è stato coltivato e anche per quale quantità. Il tutto garantito dal marchio del nostro Consorzio e nel rispetto dello standard UNI 10939/01 sulla rintracciabilità totale della filiera agroalimentare”. Ma come è possibile garantire senza margini di errore che un vaso di legumi pronti venga proprio da quel singolo produttore e non da uno qualsiasi dei vostri consorziati?“ È molto semplice. Ogni singolo carico che arriva dalle nostre aziende viene immagazzinato e quindi lavorato separatamente dagli altri, seguendo un processo di tracciabilità della filiera agroalimentare certificato secondo la norma UNI 10939/01. Consideri che ogni prodotto in ingresso è stoccato in big bags da 10 ql ognuno, così da poter separare puntualmente ogni partita. Questo naturalmente significa che il rapporto con le aziende nasce ben prima del raccolto. “Sì, anzi una delle idee forti che ci hanno guidato in questi anni è stata quella di vincolare le aziende agricole con un contratto in esclusiva che le impegna a utilizzare solo le sementi certificate dalla Agribosco e a rispettare i vincoli di un dettagliato disciplianare di produzione, offrendo loro in cambio la sicurezza di lavorare con un contratto di coltivazione che garantisce la giusta remunerazione delle loro fatiche. È una scommessa coraggiosa, ma che ci ha consentito di creare una base di produttori che condividono i nostri principi e i nostri progetti, garantendo parallelamente la presenza e il lavoro dell’uomo in ambienti che rischiavano di essere abbandonati”.Perché i prodotti a marchio AGRIBOSCO non si incontrano nella grande distribuzione?“ È una scelta voluta e dettata dal desiderio di eliminare tutti quei passaggi intermedi che finiscono per pesare sul prezzo finale del prodotto da agricoltura biologica rendendolo inavvicinabile per molti consumatori. Grazie al nostro progetto abbiamo creato un esempio virtuoso di filiera corta che garantisce ogni passaggio, dalla semina alla trasformazione fino alla distribuzione, permettendo di avere prodotti di alta qualità a prezzi spesso inferiori a quelli a cui siamo abituati. AGRIBOSCO distribuisce direttamente in tutta Italia grazie a una cinquantina di punti vendita specializzati nel biologico. Per chi poi non dovesse trovarli nel proprio negozio di fiducia, i prodotti Agribosco sono facilmente raggiungibile anche via internet grazie al nostro sportello di e-commerce”.Un obiettivo per il 2006?“Il progetto “Sementi antiche” prosegue, anche con l’obiettivo di individuare le varietà che meglio si confanno alla localizzazione di ogni nostra singola azienda. Ma non meno importante per noi è far comprendere che il biologico deve vivere di un rapporto di fiducia tra produttori e consumatori che quasi sempre vale più della certificazione agli occhi del pubblico. Ecco perché guardiamo oggi con particolare attenzione al mondo dei Gruppi d’acquisto, che condividono la nostra attenzione alla tutela della natura e possono rappresentare uno strumento fondamentale per garantire la sopravvivenza delle aziende. Con un invito a tutti: le nostre porte sono sempre aperte, basta prendere la strada per Gubbio e venire a toccare con mano la bellezza di questo progetto”.